Che futuro attende la nocciola dell’Etna? Il tentativo è di renderlo roseo grazie all’avvio dell’iter per la certificazione Dop. La proposta di riconoscimento parte dal Comune di Sant’Alfio attraverso il suo sindaco Alfio La Spina, in prima linea per sostenere le produzioni dell’area etnea. Lo stesso La Spina, per esempio, è impegnato anche nel ridare voce a chi punta sull’approvazione della Docg Etna per i vini di altissimo livello del vulcano catanese.
Ma a prendersi la scena al momento è la nocciola dell’Etna, coltivata in un’area estesa che coinvolge anche la provincia di Messina, cresciuta parecchio in materia di grandezza e qualità, senza dover invidiare nulla a realtà grosse e in possesso di Igp o Dop come in Campania, Lazio e Piemonte.
Da tempo si discute dell’ipotesi che la nocciola dell’Etna acquisisca la certificazione, ma adesso sembra una possibilità più concreta. E sarebbe un modo per valorizzare una produzione ridotta rispetto a molti anni fa a causa degli alti costi di gestione dei noccioleti e per una forte concorrenza. Proprio su questo il sindaco di Sant’Alfio ha organizzato un momento di confronto al Museo d’arte contemporanea dell’Etna con esperti, imprese ed istituzioni.
La Sicilia è tra le prime regioni in Italia per quanto riguarda l’estensione di noccioleti. Si trovano da 400 a oltre 1000 metri sul livello del mare, soprattutto nella zona dell’Etna, dei Nebrodi e delle Madonie.
Quella delle nocciole è un tipo di coltura antichissima, che fu introdotta in modo intensivo alla fine dell’Ottocento.
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