Il futuro Ponte sullo Stretto deve fare i conti con il rischio terremoti. In particolare sulla sponda calabra insistono due faglie nei pressi delle aree dove sorgeranno il pilone e uno dei blocchi di ancoraggio. Come si comporterebbe dunque la mega opera in caso di scosse? E come interagirebbe con le fratture esistenti in quella zona?
È uno dei temi cruciali al centro del confronto che si è tenuto a Messina lo scorso 21 giugno tra i tecnici della società Stretto di Messina spa e il team di esperti che ha contribuito a scrivere le osservazioni che comitati e associazioni No Ponte hanno presentato al ministero dell’Ambiente, dove è in corso di verifica la Valutazione di impatto ambientale.
Si parte da un dato: l’Ispra – l’istituto del ministero dell’Ambiente – ha censito da tempo due faglie in territorio di Villa San Giovanni, sulla sponda calabra del Ponte. La faglia Cannitello interessa la frazione adagiata sul mare dove è prevista la costruzione del pilone da 400 metri. Un po’ più a monte, nella frazione Piale, è stata accertata la presenza di un’altra faglia. E proprio lì il progetto definitivo prevede la realizzazione di uno dei blocchi di ancoraggio. Ce n’è abbastanza perché l’ingegnere Mario De Miranda, progettista di ponti in tutto il mondo, sia balzato dalla sua sedia: “Nessun ingegnere al mondo colloca una casa, tantomeno un ponte, su una faglia”. Sulla base di questa certezza ha firmato – insieme agli ingegneri Mazzolani e Rizzo – un intero capitolo delle osservazioni alla Via, sollevando numerosi dubbi, e ha scritto alla Società Stretto di Messina, senza ottenere precise risposte. L’occasione del confronto diretto è nata dall’invito del consiglio comunale di Messina. Così il 21 giugno gli esperti delle due parti si sono ritrovati faccia a faccia.
Per conto della società incaricata di realizzare il Ponte ha preso la parola Ezio Faccioli, sismologo e docente del Politecnico di Milano. “Queste faglie sono irrilevanti dal punto di vista della pericolosità – ha detto – parliamo di faglie che arrivano a poche centinaia di metri di profondità, sono dei nani. Dal punto di vista del potenziale di rottura sono di nessuna rilevanza”. Insomma, le faglie ci sono ma in caso di attivazione non sarebbero sufficientemente grandi e profonde da causare problemi all’infrastruttura. Affermazioni che non hanno rassicurato De Miranda. “Da progettista di ponti quello che mi preoccupa è che la faglia è una discontinuità geologica che rende il terreno più debole, nel caso in cui qualche altra faglia crea un terremoto, la nostra faglia può essere messa in movimento”. Lo scenario peggiore è naturalmente quello del grande terremoto del 1908. “Ma la grande faglia dello Stretto – replica Faccioli – che ha generato quel sisma è lontana chilometri dall’area del pilone e l’eventualità che questa faglia inneschi quelle che interessano a noi è molto remota”.
Da chiarire, poi, con nuovi documenti ufficiali l’esatta localizzazione del pilone e del blocco di ancoraggio rispetto alle faglie Cannitello e Piale. “Secondo il progetto definitivo depositato dalla società Stretto di Messina che noi abbiamo esaminato – spiega l’ingegnere De Miranda – le due faglie sarebbero esattamente sotto il pilone e sotto il blocco di ancoraggio. Oggi scopriamo dai tecnici della società che la posizione non è esattamente lì, ma è un elemento nuovo che non compare nel progetto definitivo. Se la faglia è in una posizione intermedia sarebbe meno grave, ma – conclude – aspettiamo i documenti ufficiali”.