Sempre più caldo, sempre più salato. Crescono le specie marine aliene invasive, ai danni di quelle storiche locali, che rischiano la progressiva scomparsa. A fotografare le preoccupanti condizioni del mare Mediterraneo è il nuovo report del Wwf “Il respiro degli oceani”, che fa il check up al nostro mare.
Il Mare Nostrum rappresenta “l’hotspot del cambiamento climatico“, ovvero una delle aree del nostro Pianeta in cui gli effetti del riscaldamento globale sono accelerati e amplificati, manifestandosi più velocemente e intensamente che altrove.
Mediterraneo bollente, cosa sta succedendo
Nell’aprile 2023 la temperatura media sulla superficie delle acque del mar Mediterraneo ha raggiunto un nuovo record negativo, toccando i 21,1 gradi centigradi. Il surriscaldamento del Mediterraneo, che da solo ospita una diversità di ambienti e di organismi tra le più elevate del mondo, è emblematico del cambiamento climatico in atto.
Gli oceani e i mari agiscono infatti sul clima globale e sulla produzione di ossigeno. La loro sofferenza ha degli impatti negativi non solo sugli ecosistemi marini, ma anche sulla nostra salute e alimentazione, con conseguenze rilevanti su settori economici cruciali come la pesca e il turismo.
I segnali del cambiamento
Il report del Wwf ci mostra un quadro preoccupante che evidenzia lo sconvolgimento dell’ecosistema marino attualmente in atto. Come la costante crescita di meduse e specie aliene invasive e la parallela scomparsa di specie locali storiche, come le gorgonie e la Pinna Nobilis.
Particolare preoccupazione destano specie aggressive come i pesci coniglio e i pesci scorpione. I primi brucano indistintamente le foreste algali, con un conseguente impoverimento della biodiversità marina. I secondi mangiano grandi quantità di piccoli pesci e crostacei nativi, essenziali per l’equilibrio marino, oltre che per l’economia.
Il surriscaldamento comporta poi la forte diminuzione delle foreste di Posidonia. Vero e proprio polmone del mare, la Posidonia produce circa venti litri di ossigeno per ettaro al giorno, oltre ad offrire nutrimento e rifugio dai predatori a piccoli pesci e invertebrati. La sua progressiva scomparsa ha un forte impatto negativo sull’equilibrio dell’ecosistema marino mediterraneo.
Mediterraneo bollente, le soluzioni possibili
Il Wwf prospetta una serie di soluzioni possibili. Occorre proteggere la biodiversità marina e per farlo bisogna aumentare la superficie protetta dei mari. Attualmente solo l’8,33% del Mediterraneo è protetto, percentuale che, secondo Wwf, andrebbe estesa al 30% dello spazio marittimo entro il 2030.
In particolare, la Sicilia conta ben 7 delle 27 aree marine protette d’Italia. Parliamo delle aree marine protette dell’Isola di Ustica, delle isole Ciclopi, delle Pelagie, delle Egadi, di capo Milazzo, del parco marino del Plemmirio, a pochi chilometri da Siracusa, e della riserva di Capo Gallo-Isola delle Femmine, nel Palermitano.
L’associazione ambientalista inoltre propone di favorire una pesca più sostenibile, pianificare un utilizzo dello spazio marittimo che rispetti le direttive europee e di proteggere i cosiddetti “blue corridors”, ovvero corridoi ecologici vitali per la sopravvivenza di numerose specie migratorie, come le balene.
Foto di Antonio Melita.