Come vive una famiglia in attesa da dieci anni di una casa popolare a Catania? La signora Antonella Di Re ci ha aperto le porte della sua piccola e malandata casa in affitto vicino a piazza Dante, a poche centinaia di metri dall’Università.
Il primo impatto è la puzza di muffa. Le pareti della piccola cucina senza prese d’aria sono annerite. L’umidità è penetrata anche negli sportelli dove vengono conservate stoviglie e dispense. “Ogni mattina, quando entro qui, mi sento male”, racconta Antonella, 56 anni, che vive insieme al marito, un figlio 18enne e la famiglia del figlio più grande, sposato e con una bambina, che fa la spola tra casa dei genitori e dei suoceri. “In pratica siamo in sei”. Costo 450 euro al mese per una casa di due vani, cucinino e bagno. “Di meglio non ho trovato, ma soprattutto non possiamo permetterci di anticipare tre mesi di caparra come chiedono ormai tutti. E poi il trasloco… come si fa? È difficile anche fare la spesa. Mio marito ha un lavoretto da mille euro al mese”.
La signora Antonella è in graduatoria per avere una casa popolare: è al 21esimo posto con 17 punti. Un’ottima posizione considerato che a Catania sono seimila le famiglie in attesa di un alloggio, spalmate su tre diverse graduatorie che fanno capo al Comune e all’Istituto case popolari. “Se realizzassero anche una sola palazzina, penso che la casa mi spetterebbe”, sottolinea.
E proprio per questo la rabbia e l’amarezza la assalgono mentre segue gli aggiornamenti sulla vicenda delle due torri incomplete in viale Biagio Pecorino e viale San Teodoro a Librino. È la storia di cui ci siamo occupati pochi giorni fa, nel nostro viaggio tra le cose fatte e le occasioni sprecate dei fondi europei 2014-2020 a Catania. Due palazzine incomplete da 25 anni, 144 alloggi in totale, destinatarie di un finanziamento da 12,5 milioni di euro con i fondi Pon Metro 2014-2020. Ma lo Iacp e il Comune non sono riusciti a portare avanti il progetto. E i lavori, nonostante il tentativo di recuperare altri finanziamenti, non sono mai partiti. “Mi auguro che questa situazione si sblocchi – commenta Antonella – perché io qui non riesco più a vivere”.