A Casteldaccia, in provincia di Palermo, cinque persone sono morte sul lavoro a causa dei gas presenti nell’impianto in cui stavano lavorando: Epifanio Alsazia, 71 anni, contitolare della Quadrifoglio Group, Ignazio Giordano, di 57 anni, Roberto Raneri, 51 anni e Giuseppe La Barbera, dipendente Amap di 28 anni.
Da qualche anno, quando si parla di lavoro, il dibattito politico è gradualmente cambiato, abbandonando anche a livello lessicale il concetto di lavoratore e concentrandosi più su quello di azienda, di impresa. Nella discutibile convinzione che se l’impresa sta bene a cascata anche il dipendente non può che beneficiarne.
Tutto ciò mentre, giusto per citare qualche numero, secondo una ricerca Inail l’86,57 per cento delle aziende presenta irregolarità nella corresponsione dei premi di assicurazione. E secondo dati Istat il 76,6 per cento dei lavoratori percepisce nello svolgimento del proprio lavoro almeno un fattore di rischio per la salute e il 74,7 per cento si sente esposto ad almeno un fattore di rischio fisico.
Nella vicenda di Casteldaccia gli operai erano sprovvisti dei dispositivi di protezione, ma il problema è anche un altro: quattro di loro erano operai edili e non sappiamo ancora se avessero dalla loro una formazione adeguata a comprendere e affrontare i pericoli di un intervento che poteva sembrare di ordinaria manutenzione. La quinta vittima, lavoratore con contratto interinale, fino a qualche mese fa trasportava bombole di gas per l’impresa di famiglia e anche nel suo caso i quesiti sulla formazione sono ancora in sospeso.
La politica unanime chiede sicurezza e promette impegno e in realtà le leggi ci sono. Forse sarebbe il caso, dopo 1041 morti sul lavoro nel 2023 e dopo gli oltre 300 di questo 2024, di riportare l’attenzione di tutti, costi quello che costi, sul lavoratore, sulla sua preparazione e sulla sua salute, fisica e mentale.