Abbiamo una star internazionale, l’Etna, ma non sappiamo gestirla. Lo show delle ultime settimane e il caos che si è creato sono l’ennesima dimostrazione di un sistema di governance del vulcano che non funziona. Ordinanze da parte dei sindaci che vietano l’accesso alle quote sommitali e in questa occasione impongono di restare a distanza di sicurezza dalla colata: 200 metri, anzi no, 500 metri. Divieti che in pochi rispettano, anche perché a vigilare dovrebbero essere in teoria i vigili urbani dei Comuni che hanno diramato le ordinanze. Impensabile.
La colata delle ultime settimana è solo l’ultimo episodio. Ogni volta che il vulcano entra in attività, si moltiplicano gli interventi di una dozzina di primi cittadini, tanti quanti sono i Comuni con accesso alle aree sommitali. Così, per essere informato sui limiti da rispettare, il turista, l’appassionato o il curioso dovrebbe consultare dodici albi pretori.
Anni fa, a porre il tema della fruizione dell’Etna è stato il comitato Etnalibera, composto da undici associazioni etnee. “Portavamo avanti il principio di una fruizione informata e libera – spiega Sergio Mangiameli, scrittore e giornalista, tra i fondatori del comitato –. Ancora oggi siamo sempre allineati su questo pensiero, anche se non siamo riusciti a tenere alta l’attenzione sociale e politica nei momenti di secca”.
Nonostante la campagna di sensibilizzazione, infatti, nell’ultimo decennio poco o nulla è cambiato. “Non ha senso prendere in giro la ragazza che va a vedere la colata coi tacchi – riflette Mangiameli – abbiamo bisogno di una fruizione informata, aperta e accogliente. In queste settimane sarebbe stato utile trovare un’istituzione ai cancelli di ingresso del sentiero che conduce alla colata, per informare, spiegare le caratteristiche e le difficoltà del luogo. Ad esempio che agli animali selvatici come le volpi non si dà cibo”.
È chiaro a tutti che il grande assente di queste settimane è stato il Parco dell’Etna. “Nel suo statuto, il Parco ha tutto per potere funzionare e assumere il ruolo di coordinamento dell’accesso alle aree sommitali – continua Mangiameli – Ma la responsabilità non è del Parco, piuttosto di chi lo ha voluto, cioè della politica che non ha alcuna attenzione per l’ambiente naturale. Un Parco ha bisogno anzitutto dei guardiaparco, di uno zoologo, di un vulcanologo, di un botanico. Dove sono queste figure? Il tema delle aree naturali è messo all’ultima pagina dell’agenda di questo governo”.