In Sicilia i rifiuti rappresentano una questione annosa. Da anni ormai l’immondizia indifferenziata prodotta per lo più dalla Sicilia orientale, ma anche dal Trapanese, Agrigentino e Palermitano, viene esportata per essere smaltita, con costi sempre più onerosi per i siciliani. Lo scorso 21 novembre è arrivata la decisione della giunta regionale: in Sicilia entro il 2028 nasceranno due termovalorizzatori, uno a Palermo e l’altro a Catania. Il nuovo piano rifiuti prevede anche l’ampliamento e l’efficientamento delle strutture per la raccolta e la gestione della differenziata.
In particolare, i due termovalorizzatori costeranno circa 800 milioni di euro e avranno una capacità complessiva di 600 mila tonnellate all’anno, in grado di produrre energia per 50 megawatt.
La decisione del presidente Renato Schifani ha riaperto il dibattito sull’uso di questi impianti, che producono energia bruciando la spazzatura. Ma i timori sul loro impatto ambientale e sulla pericolosità per la salute sono superati negli impianti di nuova generazione grazie a sistemi di filtraggio e a tecnologie d’avanguardia che riescono a trattenere e limitare le sostanze nocive prodotte.
Termovalorizzatori, cosa sono
Inceneritori perché bruciano. Ma non solo. Perché oltre a bruciare immondizia, questi impianti consentono di ricavare energia, da cui il nome “termovalorizzatori”. A bruciare sono i rifiuti non riciclabili e il calore prodotto dalla loro combustione può essere usato per produrre energia elettrica o di calore.
Secondo i dati di uno studio condotto dai politecnici di Milano e Torino e dagli atenei di Trento e di Roma 3 Tor Vergata per Utilitalia, l’impatto ambientale di un termovalorizzatore è di otto volte inferiore a quello di una normale discarica.
Come funzionano
In Italia sono 37 gli impianti attivi e si trovano soprattutto al Nord, con 26 impianti tra Milano, Pavia, Torino, Modena e Brescia, 13 in Lombardia e 7 in Emilia Romagna.
Nella fattispecie, la termovalorizzazione dei rifiuti avviene attraverso delle fasi precise.
Prima gli scarti vengono raccolti e stoccati in appositi forni. Si procede poi alla loro combustione, a temperature superiori agli 850 gradi così da tenere sotto controllo i livelli di diossina. Quindi il vapore prodotto aziona un motore a turbina che genera l’energia necessaria per produrre elettricità o acqua calda.
I fumi rilasciati dalla bruciatura dei rifiuti vengono raccolti e filtrati, così da ripulirli di tutti gli agenti inquinanti, mentre la cenere e le polveri sottili vengono trasferiti in discariche per rifiuti speciali.
E le api che c’entrano?
Nessuno potrebbe mai immaginare che delle api scelgano in modo del tutto naturale un termovalorizzatore come propria casa. Invece è quanto successo al termovalorizzatore A2A di Brescia dove si sono insediate ben 400mila api.
Insieme non si limitano alla produzione di miele e alle impollinazioni. La loro funzione va ben oltre perché nei loro lunghi voli quotidiani “catturano” anche le polveri sottili, il che permette un monitoraggio efficace del livello di inquinamento di un determinato territorio.
Ecco che spesso oggi questi insetti così particolari vengono posti nei pressi delle aree industriali per verificarne la qualità dell’aria, come a Brescia è accaduto in modo naturale.