Da quando aveva 18 mesi Giuseppe Campo soffre di poliomelite. Oggi ne ha 70, i suoi muscoli sono semi paralizzati, la sua capacità motoria quasi del tutto compromessa. Eppure si sforza con coraggio e ostinazione di condurre una vita autonoma. Una missione impossibile nel paese in cui vive: Aci Catena, 27mila anime alle porte di Catania.
“Posso andare in tre posti, tutto il resto della città per me è tabù. Tra gradini, marciapiedi senza scivoli e inciviltà, la mia dignità viene calpestata ogni giorno”.
Giuseppe si muove con una carrozzina elettrica che gli ha fornito l’azienda sanitaria provinciale. Per le piccole faccende quotidiane non chiede aiuto a nessuno dei suoi famigliari. Ma i problemi iniziano già sulla soglia di casa. “La sabbia vulcanica caduta mesi fa non è mai stata spazzata del tutto e spesso la ritrovo davanti casa, per me un pericolo perché rischio di scivolare”, racconta all’inizio della mattinata che abbiamo trascorso insieme per vedere, coi suoi occhi, quello che deve affrontare.
In strada è un pericoloso zig zag tra cumuli di immondizia, auto parcheggiate in doppia fila, strade strette dove deve difendersi da automobilisti indisciplinati e dal passaggio di mezzi pesanti e autobus. La piazza principale di Aci Catena ha quattro ingressi per i disabili, ma ne abbiamo trovato solo uno libero e accessibile. Il caso estremo si presenta davanti al comando dei vigili urbani. “C’è un bellissimo parcheggio per disabili, ma non esiste una rampa per accedere”.
Oltre a superare il marciapiedi, Giuseppe dovrebbe anche salire i tre gradini che separano dall’ingresso. Impossibile per lui. “L’ho fatto presente all’amministrazione comunale, ma mi è stato risposto che non si può fare nulla e che devo aspettare che qualcuno esca a parlarmi”.
E Giuseppe non attende solo fuori dagli uffici comunali, attende pure davanti al municipio, alla farmacia, alla macelleria, al bar. Tutti luoghi dove per lui è impossibile accedere. “Faccio tutto in mezzo alla strada, anche bere un caffè. I commessi escono quando dentro non hanno più clienti da servire. E io aspetto…”. Quello di Giuseppe è un appello alla sensibilità di ciascuno. “Questa è la mia vita e mi incazzo tantissimo. Questo non è umano e non è dignitoso, forse la verità è che diamo fastidio”.