I dissalatori da tempo vengono presentati come unica soluzione o quanto meno come soluzione più percorribile per uscire dal dramma della siccità che come quest’anno è accaduto ha devastato natura e agricoltura.
Eppure c’è stato un tempo in cui la Sicilia aveva degli impianti che erano il fiore all’occhiello della dissalazione mondiale. In particolare quello di Gela, che si integrava con la raffineria Eni risparmiando alla pubblica amministrazione parte dei costi, enormi, di quegli impianti che col tempo sono diventati incredibilmente dispendiosi, oltre che obsoleti.
Ne abbiamo parlato con il professore Andrea Cipollina, ingegnere e docente all’Università di Palermo e tra i massimi esperti in Sicilia sul tema. E mentre da Roma arriva l’ok per il piano dissalatori in Sicilia, Cipollina ci ha raccontato come gli impianti che verranno costruiti saranno gioco forza totalmente differenti dai vecchi, avranno una tecnologia innovativa che è meno dispendiosa e potrebbe essere ancora più economica se affiancata da impianti di eolico e fotovoltaico per ridurre il vero costo della dissalazione, quello che è il consumo di energia elettrica.
E all’Università di Palermo si studiano anche nuovi metodi per smaltire gli scarti della produzione di acqua potabile, le salamoie, che vanno diluite per poi essere riammesse in mare, ma potrebbero avere anche un altro destino.
La Sicilia è solo uno degli ultimi territori a dovere fare i conti con la dissalazione, che è realtà funzionante e attiva in quasi tutto il bacino del Mediterraneo, dal Medio Oriente, dove sono stati fatti grandi investimenti, alle regioni europee come Spagna e Grecia.