Un altro tesoro torna alla luce alle Egadi

Recuperato un rostro in bronzo a circa 80 metri di profondità. Ecco come veniva utilizzato dalle navi da guerra

23 Agosto 2024

Un rostro in bronzo che si trovava su un fondale a circa 80 metri è stato recuperato alle Egadi. La scoperta è frutto della campagna di ricerche andata avanti anche ad agosto.

Il mare che fu scenario della Battaglia delle Egadi ha dunque restituito un altro tesoro archeologico grazie all’intervento dei subacquei altofondalisti della “Society for documentation of submerged sites” con l’ausilio della nave oceanografica da ricerca “Hercules”.

Il reperto è stato trasferito nel laboratorio di primo intervento nell’ex Stabilimento Florio di Favignana ed è già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana. Il rostro ha caratteristiche simili agli altri già recuperati nelle precedenti campagne di ricerca: nella parte anteriore una decorazione a rilievo che raffigura un elmo del tipo Montefortino con tre piume nella parte superiore, mentre le numerose concrezioni marine non consentono ancora di verificare la presenza di iscrizioni. 

Con quest’ultimo rostro, salgono a 27 quelli ritrovati a partire dai primi anni Duemila. Erano micidiali armi di distruzione che, applicati sulla prua delle navi da guerra, consentivano lo speronamento delle imbarcazioni nemiche e il conseguente affondamento. Negli ultimi 20 anni sono stati individuati anche 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, due spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore. La battaglia delle Egadi, combattuta a nord-ovest dell’isola di Levanzo nel 241 avanti Cristo, segnò la fine alla prima guerra punica.

“I fondali delle Egadi – dice l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato – sono sempre una fonte preziosa di informazioni per aggiungere ulteriori conoscenze sulla battaglia navale tra la flotta romana e quella cartaginese. L’intuizione di Sebastiano Tusa continua ancora oggi a ricevere conferme sempre più puntuali, avvalorando gli studi dell’archeologo che avevano consentito l’individuazione del teatro della battaglia che sancì il dominio dei Romani sul Mediterraneo”.

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