Arianna Meloni "Il mio impegno e di Giorgia nato dopo via D'Amelio"

La sorella della premier da Catania: “Nel 1992 io avevo 17 anni, mia sorella 15 e volevamo cambiare un sistema corrotto”

19 Luglio 2024

“Parlate di mafia”. Il gotha di Fratelli d’Italia riprende la frase di Paolo Borsellino per lo slogan che dà il nome alla giornata antimafia organizzata a Catania alla vigilia dell’anniversario della strage di Via d’Amelio. Una formula – un po’ convegno politico, un po’ panel tematico – che promettono di ripetere annualmente portandola in giro per l’Italia. 

A fare gli onori di casa al Romano Luxury Hotel c’è Salvo Pogliese, senatore di Fratelli d’Italia ed ex sindaco della città. Ma a sfilare sono i maggiorenti del partito, esclusa Giorgia Meloni: c’è la sorella Arianna, che ricorda come “il nostro impegno  (il suo e quello della premier) è nato nel 1992, all’indomani della strage di via D’Amelio. Io avevo 17 anni, Giorgia 15 e volevamo cambiare un sistema corrotto”. 

Oggi quelle giovani leve sono classe dirigente e governano. Ma dal sistema politico hanno ereditato la conflittualità con una parte della magistratura, anche di quella antimafia. A Catania l’unico magistrato invitato è il presidente del tribunale dei minori della città, quel Roberto Di Bella che ha sottratto decine di minori alle famiglie mafiose a cui appartenevano. 

Non c’è spazio per altre toghe. Ma di magistratura si parla molto. E in tanti dal palco puntano il dito contro i magistrati tirati in ballo anche dalle ultime indagini proprio su via D’Amelio. Lo fa la presidente della commissione nazionale Antimafia Chiara Colosimo:  “Perché Borsellino continuava a parlare di solitudine? Era convinto di stare in un nido di vipere, cioè la Procura di Palermo, il posto dove si sarebbe dovuto sentire più protetto”. Ancora più duro il deputato Giovanni Donzelli: “Troppo comodo parlare del 1992 inventando teoremi strampalati che non hanno né capo né coda per buttarla in politica – dice, con chiaro riferimento alle indagini che hanno ipotizzato il coinvolgimento di apparati dello Stato nel depistaggio e di trattative tra mafia e Stato – e per non andare a vedere davvero chi non voleva che si approfondisse la vergogna dell’intreccio tra mafia e appalti in Sicilia che a quanto pare ha coinvolto anche magistrati”.

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