In Sicilia è sempre più emergenza acqua. La regione ripiomba di colpo indietro agli anni Novanta, quando l’erogazione veniva razionata e in alcuni paesi, soprattutto nell’entroterra, cambiando in base al quartiere. Un incubo che è tornato già a dicembre in alcuni comuni serviti da Siciliacque, mentre nel Palermitano, poco dopo, diverse amministrazioni hanno detto stop alle fontanelle per non sciupare acqua preziosa.
Ma adesso c’è di più. E per contrastare l’emergenza è scesa in campo anche la Regione che ha avviato un piano di razionalizzazione dell’acqua ad uso potabile in 160 Comuni nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani e nei giorni scorsi anche nella Sicilia Centro-orientale. Infine ha anche approvato lo stato di crisi e di emergenza in sei province fino al 31 dicembre.
Nonostante un po’ di piogge della seconda metà di febbraio, gli invasi non si sono sufficientemente riempiti e già da qualche settimana era stata ridotta la pressione nell’erogazione dell’acqua nelle abitazioni. L’erogazione a singhiozzo riguarderà anche grandi comuni come Trapani, Marsala, Mazara, Agrigento, Caltanissetta.
Inevitabile adesso il piano della Regione, che a metà febbraio ha dichiarato lo stato di calamità naturale da siccità severa. Preoccupano, del resto, i dati sullo stato degli invasi. Nelle rilevazioni effettuate a inizio anno, infatti, il lago di Lentini (provincia di Siracusa) e l’Ogliastro (tra le province di Enna e Catania) che hanno una capienza di 100 milioni di metri cubi d’acqua, hanno registrato rispettivamente 49 milioni e 22 milioni di metri cubi d’acqua.
Situazione drammatica anche nelle dighe più piccole. Quella di Rosamarina a Caccamo, per esempio, è scesa a febbraio a 12 milioni di metri cubi su una capienza di 73 milioni. C’è più acqua, invece, nel lago Poma, con 22 milioni di litri.
La situazione attuale degli invasi è figlia di mesi con scarse precipitazioni. Già a gennaio le stime di Coldiretti davano gli invasi siciliani sotto di qualcosa come 63milioni di metri cubi d’acqua. E se a questo aggiungiamo le condutture colabrodo, che in Sicilia perdono da decenni una importante percentuale dell’acqua che le attraversa, ecco che la crisi è servita.