L’economia della Sicilia potrebbe decollare? L’Isola ha le carte in regola secondo quanto emerge dal rapporto “Piano Industria 2030” della Regione, presentato durante il forum “Act Tank Sicilia”. Il documento elaborato da The European House – Ambrosetti restituisce in realtà un quadro tiepido dell’economia siciliana. Attraverso numerosi indicatori traccia top e flop dello sviluppo siciliano.
“Un Piano fortemente voluto dal governo Schifani – dichiara l’assessore alle Attività produttive Edy Tamajo – che si è dato una prospettiva di medio-lungo termine, per accompagnare l’intero sistema delle imprese nel percorrere le strade dell’innovazione con una strategia articolata”.
Punti di forza dell’economia siciliana
Le buone notizie non mancano: l’Isola si conferma la seconda economia del Mezzogiorno dopo la Campania, con una vasta gamma di microimprese, la maggior parte guidate da giovani imprenditori under 35.
Abbiamo un patrimonio culturale e naturalistico fra i migliori del Paese, disponibilità energetica grazie ai giacimenti di grezzo e gas naturale. Ma tutto questo non basta. La piattaforma lanciata nel 2021 da The European House – Ambrosetti, che ha l’obiettivo di definire azioni concrete per dare un impulso alla crescita della Regione, individua ancora troppe falle ambientali, strutturali e amministrative che impediscono alla Sicilia di fare il salto di qualità.
Fra i flop troviamo il più basso tasso di occupazione del Paese, insieme ai dati drammatici sull’occupazione femminile: solo 3 donne su 10 hanno un impiego.
Il rapporto indica anche come il PIL procapite sia il più basso in Italia, insieme alla rilevanza del “lavoro nero”, come se fosse un ammortizzatore sociale, irrimediabilmente diffuso sul territorio siciliano.
Da dove ripartire
Le analisi svolte dagli esperti della piattaforma pubblico-privata forniscono anche degli spunti concreti da cui ripartire per migliorare le performance regionali. Sul rapporto di quest’anno gli analisti si sono focalizzati sulle opportunità legate alla valorizzazione del territorio e la transizione energetica. Un comparto che in Sicilia sarebbe però tutto da disegnare visto che al momento il più diffuso risulta essere quello manufatturiero con Palermo e Catania come poli principali.
Obiettivi che potrebbero essere anche facili da raggiungere visto che, come mostra il documento, nella classifica nazionale la Sicilia è al quarto posto per aree protette e numero di siti di rilevanza naturalistica. Sul nostro territorio infatti troviamo tra le altre: 7 siti UNESCO, 1 parco nazionale, 7 aree marine protette. “Gli asset ambientali presenti sul territorio – evidenzia il report – e in particolare le aree protette e i parchi regionali, se valorizzati possono rappresentare un input strategico per lo sviluppo di servizi innovativi per l’ambiente, lo studio della geologia, della biodiversità”.
Le sfide climatiche
Tanta bellezza e tanta biodiversità si scontrano però con una realtà climatica ostile: la nostra regione infatti è quella con maggior rischio di desertificazione e la seconda più colpita da eventi atmosferici estremi. Periodi di siccità prolungata si alternano a temporali e precipitazioni che il terreno arido e le condizioni delle nostre reti idriche difficilmente riescono ad affrontare. “In Sicilia – si legge sul documento – più della metà dell’acqua viene dispersa (52,5%) rispetto a una media nazionale del 41,2%: è la terza peggiore regione in Italia e la seconda peggiore nel Mezzogiorno per incidenza delle perdite idriche”.
Per puntare tutto sul suo territorio la Sicilia non si deve scontrare solo con siccità ed eventi estremi, ma anche con gravi problemi di inquinamento. Basta pensare alle coste balneabili: le nostre non sono messe affatto bene. “Significativa è la quantità di aree costiere interdette alla balneazione a causa dell’inquinamento – si legge sul rapporto – con la Sicilia che conta circa 42,5 km su 87 km interdetti a livello nazionale”.
L’altro aspetto sul quale gli esperti consigliano di spingere l’acceleratore è la transizione energetica. Le fonti rinnovabili sono certamente il futuro vista la sfida climatica che ci troviamo ad affrontare, ma è innegabile che le fonti energetiche tradizionali sono ancora centrali nell’economia nazionale. La Sicilia su questo fronte svolge un ruolo centrale visto che è la seconda regione in Italia per produzione di greggio e gas naturale.
“Con riferimento alla nuova cornice programmatica Fesr 2021-27, che prevede una dotazione di circa 800 milioni di euro – spiega Tamajo – abbiamo già predisposto un pacchetto di misure per rafforzare le capacità di ricerca e di innovazione, quindi anche di competitività, delle Pmi siciliane. Un panorama rinforzato ulteriormente dalle nuove risorse del Fondo di sviluppo e coesione, per complessivi 450 milioni, destinate invece alle micro imprese, il 96,6% del totale delle aziende siciliane, che rappresentano il cuore del sistema produttivo dell’Isola”.