Che succede se le temperature più alte rispetto alla media stagionale e le scarse piogge si uniscono ad infrastrutture vecchie e inefficienti? Le conseguenze le stiamo vedendo nelle ultime settimane in Sicilia. Arance più piccole nella piana di Catania, produttori vitivinicoli in allarme soprattutto nel Trapanese, agricoltori che sono costretti ad abbandonare i campi dove si coltivano ortaggi in varie zone della Sicilia.
Le condizioni degli invasi sono pietose. La diga Poma, nella zona di Partinico, avrebbe garantito appena un quarto dell’acqua, a Lentini, invece, l’impianto di sollevamento è guasto. L’acqua è un bene prezioso che va risparmiato. E in assenza di piogge, l’unico modo per farlo è migliorare le condizioni delle infrastrutture. La Regione, per la verità, ci sta provando chiedendo aiuto al governo centrale.
A Partinico la Cgil ha lanciato l’allarme: “La diga è già allo stremo, i prelievi dell’Amap continuano in maniera consistente per la città Palermo e si prevedono problemi per la campagna irrigua che inizierà ad aprile”. Anche l’assessore regionale all’Agricoltura Luca Sammartino ha fatto sentire la sua voce, chiedendo al presidente della Regione Renato Schifani lo stato di calamità naturale per l’emergenza siccità.
Siccità, che succede in Sicilia?
In Sicilia, la seconda metà del 2023 è stata la più arida da oltre un secolo: mancano all’appello circa 220 millimetri di pioggia da settembre a dicembre. Soprattutto l’ultimo mese dell’anno ha registrato deficit di precipitazioni fino al 96% su alcune località tra le province di Enna e Catania.
Meno drammatico il bilancio annuale regionale con un calo di circa 160 millimetri rispetto alla media, attenuato quasi esclusivamente dagli eventi estremi che hanno colpito l’Isola nella prima metà del 2023.
“Nessun programma di sviluppo dell’area mediterranea può prescindere dalla disponibilità d’acqua”, commenta Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue. La stessa Anbi punta il dito contro la condizione degli invasi siciliani, la cui capacità è limitata dal sedime accumulato sui fondali e che si stima occupi fino al 40% della capacità totale di stoccaggio.
Il caso dell’invaso Poma
Nei primi giorni di gennaio nell’invaso Poma le riserve erano di poco sotto i 34 milioni di metri cubi su una capienza di 72,5, ovvero quasi un quarto in meno dell’anno scorso. Ma il livello sarebbe sceso ulteriormente come ha raccontato Antonio Lo Baido, viticoltore e presidente del comitato invaso Poma, in un articolo di Repubblica. Adesso, dopo i prelievi dell’Amap che servono per Palermo e i Comuni di provincia, la disponibilità sarebbe scesa a circa 25 milioni. Ma non solo: nel 2023 a causa dei guasti sono stati garantiti soltanto circa 2,5 milioni di metri cubi sugli 8 che fanno parte della quota stabilita dalla Regione.
Infrastrutture, il piano di interventi
Per non perdere acqua, l’obiettivo è migliorare le condizioni delle dighe e aumentare la capacità di accumulo. La Regione ha già annunciato che chiederà al governo nazionale l’avvio di cinque interventi su alcune infrastrutture dell’Isola. Interventi che sono stati illustrati al Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, Nicola Dell’Acqua, che nei giorni scorsi ha effettuato un lungo sopralluogo in alcuni invasi siciliani, assieme ai tecnici dell’Autorità di bacino e ai rappresentanti di Enel, Consorzi di bonifica e dipartimento regionale Acqua e rifiuti.
La Regione punta sul “Piano Nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico” inviato al Mit dal dipartimento regionale dell’Agricoltura lo scorso 27 ottobre. “Riteniamo che possa essere lo strumento più idoneo per avere le risorse necessarie a migliorare la capacità di accumulo delle dighe e il riefficientamento delle condotte”. In questo senso, abbiamo avviato un’interlocuzione con il commissario Dell’Acqua che ha avuto modo di verificare personalmente lo stato dei bacini in Sicilia”.
Il piano prevede una spesa di circa 150 milioni di euro per interventi alla diga Rosamarina, all’invaso “Madonna delle Grazie” e alla diga Fanaco, in provincia di Palermo; e per opere sul fiume Simeto, in provincia di Catania.