C’è chi profetizza un terremoto in arrivo, chi si prepara ad ingoiare il rospo ma pianifica imboscate contro gli alleati-serpenti al primo giro utile, chi getta acqua sul fuoco, chi sta alla finestra perché conta quanto il due di briscola, chi se la ride sotto i baffi perché sta portando a casa la pagnotta. Certamente non tira buon vento in casa centrodestra in Sicilia.
Giusto il tempo di mangiare il panettone e di brindare alla prima finanziaria degli ultimi vent’anni senza il ricorso all’esercizio provvisorio e i nervi sono saliti alle stelle. E come spesso accade in politica dalle nostre parti, a scaldare gli animi sono poltrone e potere. Se poi c’è troppa carne sul fuoco il rischio che qualcosa possa andare in fumo è grosso. Basta parlare con qualcuno della coalizione per farsi un’idea della tensione a fior di pelle.
I più inviperiti sono quelli della Dc di Totò Cuffaro. Perché, stando alle voci, è difficile, se non impossibile, che ottengano ciò che chiedono: un manager della sanità ad Agrigento. Pare che più che un muro, i forzisti agrigentini – in combutta con gli autonomisti e con la compiacenza dei fratellini d’Italia e pure di qualche altro centrista mascherato d’opposizione – abbiano alzano una specie di muraglia cinese.
Insomma, non ne vogliono sapere di mollare ai democristiani i propri feudi sanitari. Che poi sono in piena battaglia aperta per la gestione della partita di Agrigento capitale della cultura, con gli stracci che volano un giorno sì e l’altro pure. E non ne voglio sapere di bussolotti coi nomi da sorteggiare, proposta che Cuffaro ripete da mesi e alla quale non rinuncia manco per sogno. Il tentativo di incastrare le nomine dei manager della sanità con le promesse di spartizione delle Province sembra non fare presa su nessuno. Anzi, la riforma, a questo punto, sembra addirittura traballare.
Alla faccia degli accordi. Perché se come appare dal valzer sanitario qualcuno rimarrà escluso il primo banco di prova per lo sgambetto all’alleato è proprio la riforma delle Province, che pure è uno dei punti del programma elettorale di Schifani. “Se le cose vanno male addio Province” sussurra un big del centrodestra. Il disegno di legge che reintroduce il voto diretto è già all’ordine del giorno dell’aula dell’Assemblea siciliana, dove c’è pure un altro testo che sta molto a cuore a Fratelli d’Italia e sul quale pesa una ghigliottina più che la spada di Damocle: la norma sala-ineleggibili. Ci contano tre deputati di FdI (Dario Daidone, Giuseppe e Nicola Catania) e il parlamentare dell’opposizione Davide Vasta, perché così si terrebbero stretto il seggio all’Ars messo in forte rischio dai Tribunali. Con la minoranza già sulle barricate e gli uffici dell’Ars che hanno avvisato del rischio di incostituzionalità basterebbe qualche parlamentare nervoso di centrodestra per mandarla in soffitta. E non finisce qui.
L’altra resa dei conti potrebbe esplodere sul ddl urbanistica, o meglio sulla norma che introduce la sanatoria per le ville al mare costruite nei 150 metri dalla battigia tra il ’76 e l’83. Porta la firma del capogruppo di FdI Giorgio Assenza: non piace all’opposizione ma neppure a molti della maggioranza, pronti a indossare i panni dei franchi tiratori sotto i colpi del voto segreto.